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Chi sono

“Non c’è niente di peggio che risolvere bene un problema sbagliato" (Rino Panetti)

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LUIGI GASPARINI

Dopo una significativa esperienza in una organizzazione no profit, nel 1987 ho deciso di intraprendere un ulteriore percorso di crescita professionale scegliendo, nell’ambito della proposta formativa della Facoltà di Psicologia di Padova, l’indirizzo orientato al lavoro e alle organizzazioni.

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Fu una scelta determinata dalla convinzione, oggi ampiamente diffusa e condivisa, ma a quei tempi, soprattutto nel tessuto imprenditoriale del profondo nord-est, assai meno sentita e praticata, che le persone siano “il fattore” chiave per il progresso di ogni impresa. Di qui la considerazione che potesse risultare vantaggioso, sia per gli imprenditori così come per i loro collaboratori, evolvere da una gestione estemporanea, empirica, padronale delle persone e delle loro relazioni professionali, ad un approccio pianificato, proattivo e partecipato.

 

Nel mio trascorso lavorativo ho operato nelle diverse aree della gestione e sviluppo delle risorse umane: il recruiting e la valutazione del personale; l’organizzazione e la gestione operativa dei collaboratori; la formazione per lo sviluppo delle competenze comportamentali, manageriali e imprenditoriali; il supporto individuale all’assunzione e allo svolgimento del ruolo professionale; la consulenza per lo sviluppo di piani d’azione orientati ad aumentare e valorizzare il potenziale umano presente nelle organizzazioni.

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Oggi il mio proposito è quello di fornire un contributo significativo nella costruzione di interventi in grado di coniugare due obiettivi: accrescere nelle persone, nei gruppi e nelle organizzazioni la capacità di apprendere ad apprendere nello sperimentare le situazioni problematiche e, nel contempo, favorire l’acquisizione delle capacità, delle metodologie e degli strumenti per individuare, in modo puntale e sistematico, delle soluzioni per risolvere e superare problemi e sfide progettuali complesse.

 

E per finire, nella mia vita ho avuto fin da piccolo una grande opportunità. La possibilità di entrare, dall’età di quattro anni, nella “bottega” che mio padre, come artigiano, aveva accanto all’abitazione. In un ambiente nel quale, dalla mia prospettiva, tutto ciò che mi circondava sembrava di dimensioni enormi, ho cominciato per gioco, prima ancora di divertirmi con i famosi mattoncini, a costruire degli oggetti utilizzando alcuni degli strumenti e utensili a disposizione nell’officina.

 

Oltre ad aver acquisito una buona competenza manuale e al senso di appagamento che da allora continuo a provare nel realizzare o nel riparare le cose, questo agire pratico mi ha profondamente plasmato anche sul piano professionale, rendendomi particolarmente attento: all’utilizzo del disegno progettuale, alle fasi di test e messa a punto, all’impiego ingegnoso di tutte le risorse a disposizione e alla verifica del risultato finale.

 

Per completare il mio profilo personale e professionale non posso tralasciare un ultimo elemento intrinseco al fare artigiano: la potenza che attribuisco al “pensare e costruire con le mani”. Una pratica che disegno, predispongo e accompagno con estremo riguardo all’interno dei miei interventi, che consente alle persone di esprimere appieno il proprio potenziale e sapere tacito, nel superare ogni genere di difficoltà e nell’intraprendere le sfide più impegnative.

STRUMENTI PER IL MIO LAVORO

Quelli che seguono sono alcuni tra gli oggetti che porto con me più spesso quando intraprendo un intervento.

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Un cartello deviazione, che posiziono in modo da indurre un cambio di direzione rispetto al percorso consueto che i partecipanti dovrebbero fare per arrivare nell’area di lavoro. L’obiettivo è quello di anticipare le provocazioni, predisposte nel corso dell’intervento, per stimolare nelle persone il passaggio da un atteggiamento basato sul “giudizio” ad uno orientato al “movimento”, nell’affrontare un incidente di percorso o una situazione inedita.

 

Una borsa porta utensili, all’interno della quale ripongo ciò che mi serve per condurre un intervento. Gli attrezzi che utilizzo nelle varie fasi e gli strumenti per modificarli e crearne di nuovi; il materiale e gli arnesi necessari per costruire e comunicare in modo visuale; dei giochi per giocare in modo serio e accrescere la dimensione esperienziale dell’apprendimento; degli oggetti particolari per stimolare delle analogie con quanto si sta facendo.

 

Una palla ovale, che faccio rimbalzare più volte davanti alle persone, invitandole ad osservare attentamente e a descrivere il comportamento del suo rimbalzo. L’obiettivo è quello di aumentare la consapevolezza sulla necessità di farsi trovare pronti, sia come singoli ma soprattutto come squadra, per prendere il suo rimbalzo al volo, ovvero per capire dove e come mettersi per anticipare delle situazioni imprevedibili e discontinue.

Un filo a piombo, che serve a creare una linea perpendicolare rispetto ad una superficie. Lo utilizzo, nell’ambito di un intervento, per verificare il grado di parallelismo dei risultati ottenuti con la sua verticale e capire quindi se possono “stare in piedi”, parametrandoli con le caratteristiche distintive dello strumento: utile, pratico, semplice, essenziale, completo, preciso, affidabile, efficace, conveniente, sostenibile, fine ed elegante.

 
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